Avviata la terapia cellulare con car-t contro i tumori del sangue
Un ragazzo di 26 anni con linfoma è stato il primo paziente sottoposto a terapia con cellule CAR-T dal reparto di ematologia del Policlinico di Bari. Il 12 giugno scorso è stato dimesso, il trattamento è stato ben tollerato e nelle prossime settimane saranno effettuate le valutazioni clinico-strumentali per verificarne l’efficacia.
“Si tratta - sottolinea il prof. Pellegrino Musto, direttore dell’unità operativa universitaria di Ematologia del Policlinico di Bari - di una forma di immunoterapia cellulare davvero rivoluzionaria, in grado di assicurare ai pazienti affetti da alcune forme di linfoma, risultati refrattari o poco responsivi alle terapie convenzionali, una attività assolutamente superiore a quella di tutte le altre terapie attualmente disponibili per queste patologie ematologiche. Gli studi fino ad oggi condotti hanno in particolare evidenziato come circa il 40% dei pazienti con linfoma che riceve questa procedura, per i quali non vi erano in passato terapie altrettanto efficaci (incluso il trapianto autologo di cellule staminali), possa essere ritenuto guarito dalla malattia”.
“Altri due pazienti sono attualmente programmati per ricevere CAR-T presso il nostro Centro - sottolinea il Prof. Musto - e confidiamo di trattare, nei prossimi mesi, diversi altri pazienti, anche in considerazione della prossima approvazione in differenti tipologie di tumori del sangue, come ad esempio il mieloma multiplo”.
“Abbiamo potuto avviare questa nuova forma di terapia cellulare - ricorda il Dr. Mario Delia, coordinatore del Team CAR-T dell’Ematologia del Policlinico di Bari - dopo un lungo e complesso processo di accreditamento da parte del Centro nazionale Trapianti (CNT) e del Joint Accreditation Committee ISCT & EBMT) (JACIE), di autorizzazione della regione Puglia e di qualifica da parte dell’azienda che fornisce le CAR-T”.
Le CAR-T (Chimeric Antigen Receptor T), che rappresentano il primo esempio di “farmaco vivente” in medicina, sono costituite da cellule linfocitarie del paziente stesso, dapprima raccolte, con procedure definite “aferetiche”, successivamente trattate in laboratori specializzati con processi di bio-ingegneria per renderle specificamente attive nei confronti delle cellule del tumore, e infine, dopo averne incrementato il numero in laboratorio, reinfuse al paziente, precedute da un trattamento chemioterapico non intensivo, definito di “linfo-deplezione”.
“Desidero esprimere- conclude il Prof. Musto - il mio personale ringraziamento a quanti (Direzione Strategica, Direttori dei Dipartimenti Universitario e Ospedaliero, Centro Regionale Trapianti, Colleghi della Medicina Trasfusionale, della Rianimazione, della Neurologia e della Farmacia del Policlinico, Dipartimento Salute della Regione e, naturalmente, tutto il personale dell’Ematologia, in particolare la Dr.ssa Tommasina Perrone) hanno contribuito in maniera determinante al raggiungimento di questo importante traguardo”.
Data di pubblicazione:
27/06/2024
Ultimo aggiornamento:
27/06/2024
Vedi anche: