L’Art. 3 della Convenzione di Istanbul definisce la violenza contro le donne come “una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata”.

La violenza contro le donne assume molte forme, tra cui: violenza da parte del coniuge/partner intimo (fisica, sessuale e/o psicologica); violenza sessuale da parte di persone diverse dal coniuge/partner, inclusi altri familiari, amici, conoscenti o sconosciuti (es. violenza sessuale da non partner); femminicidio; tratta di donne.

 
 
 
 
GLOSSARIO
 

Comprende tutti gli atti di violenza compiuti in base al genere, che causano o possono causare sofferenza fisica, psicologica, sessuale, economica. Comprende le minacce di compiere questi atti, nonchè la coercizione e la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita privata che nella vita pubblica. Sono atti "fondati sul genere" in quanto diretti contro la donna in quanto tale, oppure in quanto atti che colpiscono le donne in modo sproporzionato. Comprendono anche gli atti compiuti contro donne minori di 18 anni.

Designa tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima.

Comprende l’insieme di atti che mirano, per mezzo dell’uso della forza fisica o della minaccia del suo uso, a ferire, intimidire, colpire, trattenere una donna o a costringerla a fare o a non fare qualcosa contro la sua volontà. Può manifestarsi attraverso atti o la minaccia di atti che risultano lesivi in modo diretto o indiretto dell’integrità fisica della donna (colpire, schiaffeggiare, tagliare, bruciare, strattonare, tirare per i capelli, tentare di soffocare, privare del sonno, privare di cure mediche, pizzicare, mordere, sputare addosso, lanciare oggetti addosso, ecc.).

Comprende l’insieme di atti volti a esercitare un controllo coercitivo sulla vittima, in una dinamica di pretesa e di controllo che diventa potenzialmente in grado di colpire l’identità della vittima, minandone l’autostima, la capacità critica, la fiducia in sé e la libertà di autodeterminazione. Comprende atti quali insultare, manipolare, diffamare, denigrare, ridicolizzare, disprezzare in pubblico o in privato, umiliare, minacciare, vessare, negare l’alterità della persona e considerarla come una proprietà da controllare e modellare, negarne i sentimenti, rifiutarsi di parlarle, trattarla come fosse invisibile, isolarla socialmente, ostacolare rapporti con amici e familiari, manipolare insinuando in lei un dubbio sulla veridicità e affidabilità delle proprie percezioni (gaslighting), ecc.

Comprende qualsiasi atto sessuale che sia stato imposto con la forza fisica o con la minaccia dell’uso della forza, oppure tramite l’induzione di uno stato di soggezione psicologica, oppure approfittando di un’incapacità cronica o temporanea di esprimere un lucido consenso. È violenza sessuale anche quella perpetrata quando l’atto viene compiuto ugualmente nonostante il consenso, inizialmente prestato, venga successivamente ritirato (per un ripensamento o mancata condivisione delle modalità di consumazione del rapporto). È violenza sessuale anche quella perpetrata nei confronti del coniuge o partner quando manca il consenso. Comprende atti quali stuprare, toccare o palpeggiare in assenza di consenso, imporre pratiche percepite come umilianti o dolorose, imporre la visione di materiale pornografico, imporre l’assunzione di alcool o droghe per favorire la disponibilità sessuale, approfittare di un alterato stato di coscienza (per farmaci, droghe, ecc.), umiliare e denigrare con connotazione sessuale, imporre rapporti non protetti, imporre una gravidanza, esporre la partner a malattie a trasmissione sessuale negando l’uso di profilattici, ecc.

Comprende ogni forma di controllo e privazione che limiti l’autonomia e l’indipendenza economica della donna. L’uomo gestisce interamente il bilancio familiare e, anche se la donna lavora, sorveglia e gestisce le sue finanze, fino ad assumerne un controllo assoluto. Tale controllo pone la donna in una condizione di totale dipendenza tanto da essere privata di ogni forma di autonomia economica.

Generalmente si parla di "vittimizzazione secondaria" (o “postcrime victimization”) quando le vittime di crimini subiscono una seconda aggressione, che le rende di nuovo vittime, da parte delle istituzioni. La vittimizzazione secondaria può essere definita una condizione di ulteriore sofferenza e oltraggio sperimentata dalla vittima in relazione ad un atteggiamento di insufficiente attenzione, o di negligenza, o di una incapacità di comprensione e di ascolto da parte delle istituzioni nella fase del loro intervento e si manifesta nelle ulteriori conseguenze psicologiche negative che la vittima subisce.

📁 Relazione Commissione di inchiesta femminicidio vittimizzazione secondaria

 

Si riferisce all’esperienza da parte del bambino o della bambina di qualunque forma di maltrattamento (attraverso atti di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale od economica) nei confronti di figure di riferimento o di altre figure affettivamente significative, adulte o minori. La violenza può essere assistita direttamente (quando le violenze avvengono in presenza dei minori, nel loro campo percettivo) o indirettamente (quando le violenze vengono percepite attraverso gli esiti che lasciano: ferite, paura, angoscia, soggezione, ecc.).

Il termine indica tutte le forme di violenza in grado di condurre all’annientamento fisico o psichico della donna (Marcela Lagarde). Il concetto di femmicidio include tutte quelle situazioni in cui la morte della donna rappresenta l'esito/la conseguenza di atteggiamenti o pratiche sociali misogine. Questa forma estrema di violenza trova il suo fondamento nella violenza misogina e sessista dell'uomo radicata nelle nostre società. (Diana H. Russell) Questi tipi di uccisione che colpiscono la donna perché donna non costituiscono incidenti isolati, frutto di perdite improvvise di controllo o di patologie psichiatriche, ma si configurano come l’ultimo atto di un continuum di violenza di carattere economico, psicologico, fisico o sessuale. .

Indica la violenza sessuale imposta dopo aver somministrato alla vittima designata, a sua insaputa, una sostanza sedativa molto potente che provoca uno stato d'incoscienza tale da annullarne ogni forma di resistenza o reazione. Si tratta di farmaci psico-attivi che hanno effetti sedativi, dissociativi, ipnotici e possono causare un'amnesia retroattiva, un vuoto totale dei ricordi per un tempo variabile tra le 4 e le 5 ore e tale da generare una grande ansia ed angoscia nella donna. In questi casi le donne si rivolgono ai Servizi territoriali o si recano direttamente al Pronto Soccorso, alla ricerca di risposte e con la speranza che la visita medica o gli esami possano escludere l'ipotesi di violenza. La sostanza più frequentemente utilizzata in queste circostanze è l’alcol ma si sta diffondendo sempre più l’utilizzo della cosiddetta “droga dello stupro”.

Indica una serie di atteggiamenti tenuti da un individuo, detto stalker, che affliggono un'altra persona, perseguitandola, generandole stati di paura e ansia, arrivando persino a compromettere lo svolgimento della normale vita quotidiana. Lo stalking avviene in un tempo prolungato, durante il quale la vittima viene logorata fisicamente e psicologicamente, annientata e annullata nella sua autonomia da una persona, definita stalker, che non ne accetta il rifiuto. (Curci P et al., 2003).

Viene esercitata attraverso internet e le piattaforme digitali e può essere di varia natura con attacchi verbali, minacce, ricatti e diffusione non consensuale di materiale sessualmente esplicito. Gli attacchi verbali e gli insulti sono spesso rivolti a singole donne, ma in molti casi ad essere bersagliato è l’intero genere femminile, con l’obiettivo di colpire e denigrare le donne in quanto tali (hate speech). L’incitamento all’odio nei confronti delle donne è una delle forme più diffuse di violenza online ed include: minacce, apologia di stupro e revenge porn, con la “diffusione non consensuale di immagini intime” (Non-consensual Dissemination of Intimate Images, DNCII), o “pornografia non consensuale”. Queste si configurano come una serie di violenze legate alla condivisione/diffusione digitale di video, foto e immagini private di tipo sessuale senza il consenso della persona ritratta, allo scopo di umiliare o danneggiare la vittima. Il fenomeno ha raggiunto, negli ultimi, anni proporzioni allarmanti, come denunciato dall’Osservatorio Cyber Security dell’EURISPES (EURISPES, 2019) ed è ulteriormente, cresciuto con la pandemia da COVID-19 e il conseguente lockdown. La drastica limitazione delle connessioni intime reali e l’aumento di quelle virtuali hanno favorito la diffusione del revenge porn con pesanti ripercussioni fisiche e psicologiche sulle vittime, le quali frequentemente sono minorenni (Criddle, C. 2020). La prevalenza del fenomeno è estremamente difficile da valutare poiché dipende da quanto la vittima possa avere la forza di rivolgersi alle autorità, superando, nonostante il danno subito, la vergogna, la colpevolizzazione e l’isolamento, la paura di ulteriore vittimizzazione e l’imbarazzo dovuto alla natura privata delle immagini, (Walker K et al.,. 2017). Le conseguenze della violenza online sono drammatiche, per vari motivi. Il primo è l’incancellabilità: una volta raggiunto il web, il materiale digitale, anche se rimosso dalla rete, potrebbe essere reimmesso in circolazione. Il secondo motivo è l’enorme esposizione a cui la vittima di violenza online è sottoposta. Il terzo motivo riguarda il fatto che la vittima non è a conoscenza dell’entità del fenomeno, non sapendo quante persone stiano assistendo e siano, quindi, partecipi della violenza.

La violenza sulle donne disabili è rivolta a donne vittime di discriminazioni multiple, determinate cioè dall’intersezione di più fattori di rischio (genere e disabilità). Spesso per le donne disabili, considerate “invisibili” in quanto identificate esclusivamente nella loro disabilità, la violenza subìta risulta ancora più sommerso che nella popolazione generale femminile (United Nations General Assembly.Unted Resolution adopted by the Human Rights Council on 13 July 2021). Si stima che ogni anno in Italia vi siano circa 1.000 casi di violenza, che avvengono per lo più in famiglia, o sono compiute dagli assistenti alle donne disabili. Talvolta la donna disabile è consapevole degli abusi di cui è vittima, ma non è in grado o nella possibilità di denunciare le aggressioni, Inoltre, i servizi territoriali e i Centri Anti Violenza non sempre sono preparati per gestire anche la presenza di disabilità, con la difficoltà di fornire un approccio adeguato alle peculiari condizioni di una donna disabile. L’indagine VERA, Violence Emergence, Recognition and Awareness (VERA) rivolta a donne con disabilità motoria (quella prevalente), sensoriale, intellettiva, relazionale o psichiatrica (in alcuni casi la disabilità è multipla), conferma che molto spesso la violenza, più spesso psicologica, fisica, sessuale e in minor misura economica, avviene dentro casa o all’interno di una coppia. Inoltre, è emerso che la violenza può avvenire anche online e nei luoghi di lavoro. Dall’indagine emerge che le manifestazioni di violenza più diffuse sono l’insulto, la svalutazione e l’umiliazione, sperimentate almeno una volta nella vita da circa la metà delle donne disabili intervistate. Ulteriori fattori di rischio sono legati alla presenza di disabilità psichiatrica e conseguente limitazione nella percezione e capacità di reagire o segnalare le forme di violenza (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap,2019).

Indica quel fenomeno per cui i sintomi denunciati dalle donne non vengono presi sul serio o vengono diagnosticati erroneamente dal personale sanitario. In questo modo, la diagnosi di una malattia e la realizzazione di un piano di cura efficace giungono spesso in ritardo, continuando così a infliggere alle pazienti un dolore che in realtà poteva essere evitabile e facendo loro credere di essere esagerate e sbagliate.

Descrive un modello di evoluzione della violenza osservato nella coppia (L. Walker). Si configura come una progressiva e rovinosa spirale in cui la donna rimane intrappolata allorchè subisce violenza continuativa, sistematica e ciclica da parte del partner. SCOPRI DI PIÙ >

ANTIVIOLENZA

 
 
 

ASL LECCE

 

Realizzato nell'ambito del progetto dell’Istituto Superiore di Sanità IPAZIA CCM 2021 “Strategie di prevenzione della violenza contro le donne e i minori nei contesti territoriali”

 
 

AREA SOCIOSANITARIA

Via Miglietta. 5 - 73100 Lecce

Tel: 0832 226145

Email: areasociosanitaria@asl.lecce.it

Pec: area.sociosanitaria@pec.asl.lecce.it